Italiani in Spagna - vivere e lavorare a Malaga!
- 8 mar 2018
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 6 apr 2020
Nei loro sguardi luce e calma si uniscono a passione e determinazione: sono gli sguardi che dipingono anima e caratteristiche di Gloria, Giulia e Roberta, le ragazze italiane che incontriamo e intervistiamo a Malaga. Questi ci sembrano, también, i segni distintivi della città e della Costa del Sol che Malaga governa.
Siamo arrivati qui “con una valigia piena perplessità”; le guide parlano spesso di coste invase dal cemento, di pueblos aggrediti dall'edilizia turistica. Innegabile che sia anche così, ma sicuramente queste terre e questi pueblos o città, hanno saputo anche mantenere il loro carattere e il loro fascino originali, sia da un punto di vista architettonico che paesaggistico , esaltato dalle Sierre che le coronano.
Estepona, Marbella, Mijas, Malaga tutte hanno i loro pueblos originari conservati e virati a beneficio del turismo. Negli anni ’60/’70 trasformare o meglio inventare la Costa del Sol è sembrata la soluzione .
Oggi, questi luoghi mantengono la suggestione tra passato e presente, mentre gli insediamenti turistici consentono a milioni di europei di vivere tutto l’anno la piacevolezza dei paesaggi, la dolcezza del clima e il fascino della cultura andalusa. A noi son piaciuti così come sono; ci sono piaciute le persone che abbiamo conosciuto e che li vivono.
Siamo arrivati qui per cercare storie italiane da scoprire, da ascoltare, da raccontare. Come di consueto non abbiamo appuntamenti prefissati.
Da dove cominciare?
Be’, lo facciamo dal cuore stesso della cultura di questa città: il Museo Picasso Malaga nel Palacio de Buenavista.
Pablo Picasso è Malaghegno ( 25 ottobre 1881). Mi chiedo: può, un poco, Malaga ricordare l’arte di Picasso? La sua cattedrale gotica ( XVI secolo) si chiama comunemente La Manquita ("la monca"), perché uno dei due campanili che caratterizzano molte delle cattedrali andaluse, non è mai stato costruito, è monco, appunto, o, se vi piace giocare con le idee, è forse nascosto in qualche altro elemento della città. L’Anfiteatro Romano (I secolo a.C.), in pieno centro, sembra sorreggere, con la forza della sua suggestione, l’Alcazaba (XI secolo) il cui interno ricorda l’Alhambra di Cranada, e quindi il Castilo de Gibralfaro (VIII secolo), entrambi di origine araba. Il cubo multicolore del Museo Pompidu (situato nel Muelle Uno, in prossimità del porto) sembra ricordarci che il turismo “stanziale “ europeo, e non solo europeo, oltre alla vicinanza al Marocco, fanno di Malaga e della Costa del Sol un luogo nel quale convivono numerose comunità, scomposte e ricomposte come in quadro cubista (passatemi la forzatura, devo pur suscitare in voi il desiderio di farvi visita; il gioco vale la candela!).

Quindi Malaga/Picasso: è da lì che partiamo alla ricerca degli italiani da intervistare, perché ci sembra quello il cuore della città, così come siamo convinti (e gli incontri ci daranno ragione) che il cuore delle persone che conosceremo scopriremo essere il posto dove la città abita veramente.
Chiediamo alla gentile addetta del Museo Picasso se ci sono italiani che lavorano nel museo. Una possibilità su cento, ma siamo fortunati. Con la consueta gentilezza andalusa, ci viene presentata Gloria; insieme alla sua simpatia e intensità, trascorreremo piacevolissime ore in giro per la città.
E proprio attraverso il racconto, l’entusiasmo e la dolcezza di Gloria che ci lasciamo sedurre completamente da Malaga. La sua intervista ci sembra prima di tutto un atto d’amore per la città nella quale ha scelto di fermarsi ( almeno per il momento!): qui ha un lavoro che l'affascina, qui studia Turismo all'università, qui vive la sua passione per il sole e per le relazione cosmopolite.
Gloria ci ha introdotto Giulia, una giovane, stimatissima e capacissima manager che si occupa di formazione internazionale all'interno di Tribeka, un’agenzia mossa da una intelligente motivazione che, in un mondo in rapida evoluzione, aiuta fattivamente studenti e adulti in ogni aspetto della formazione e della mobilità, nella duplice e interconnessa ottica dell'apprendimento e delle esperienze lavorative internazionali, anche grazie alla collaborazione con il progetto ERASMUS. Una occupazione, questa, che Giulia adora e svolge con la passione e il sorriso leggero e rassicurante di chi è riuscito a mettere a frutto tutto il bagaglio formativo di cui si è munito nel suo cammino internazionale di elevato livello ed è desideroso di trasferirlo agli altri.
In questo contesto la professionalità di Giulia incontra le aspirazioni di Gloria, saldandosi in rapporto di amicizia e reciproca stima . Partendo dal'Appennino lucano, dopo un passaggio a Perugia, racconta Giulia, "mi sono sempre spostata seguendo il mare". Come sentiremo nell'intervista, il suo ritorno a Malga è anche un chiudere il cerchio su ciò che è "diventata". Corrispondenze tra ciò che abbiamo dentro e quello che ci vive intorno.
Il corso positivo del flusso che lega tra loro le storie che andiamo raccogliendo fa sì che Giulia ci introduca Roberta. Per incontrare lei e la sua coinvolgente energia, ci rechiamo al Parco Scientifico e Tecnologico dell'Andalusia.
Il PTA è situato alle porte di Malaga, in un ambiente super organizzato e al contempo naturale, con servizi e strutture di alto livello. Una testimonianza di come la città di Malaga sia centro vitale della provincia che presiede. Gestito da Agenzia IDEA, ente pubblico andaluso, il PTA è un punto di raccordo e integrazione tra grandi multinazionali, università e PMI, focalizzato su Ricerca e Sviluppo.
Non c’è che dire: un bel punto di approdo per Internet Web Solutions il progetto che Roberta ha creato e conduce insieme a Francisco José e che, tra le altre cose, come sentiremo, si lega a numerosi progetti europei finanziati dal programma Erasmus Plus per favorire l'inclusione sociale.

In tre settimane di permanenza puntiamo più volte il muso dell'auto verso l'interno e ne restiamo ammagliati.
A Acinipo, negli scavi delle rovine romane, a 20 km dall'affascinate Ronda e altrettanti da Grazalema ( dove al nostro arrivo i Grifoni ci salutano volteggiandoci sul capo), ci capita la fortuna di essere completamente soli: guadagno il palco dell'anfiteatro e immaginandomi davanti a un pubblico togato declamo versi del V canto dell'inferno in dialetto Urbaniese (la mia cittadina d'origine, nell'entroterra pesarese). E' un incanto, per me, e una maniera (un po' "barbara") di omaggiare la bellezza di questa terra e la squisitezza della sua gente.
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