Lasíthi, la grotta di Zeus e i mulini a vento
top of page

Lasíthi, la grotta di Zeus e i mulini a vento




Quello che si vede nella foto è più o meno il punto di vista che doveva avere Zeus quando da bambino tirava fuori la testa dalla grotta di Dhíkti nella quale era stato partorito. Il mito è noto. Crono, suo padre, era stato avvertito che uno dei suoi figli lo avrebbe spodestato e lui per non saper né leggere né scrivere, come diremmo oggi, li divorava appena venivano al mondo. Brava Rea, sua madre, che lo nascose in questa profonda grotta sulle pendici dell’altopiano di Lasíthi, protetto dai cureti ( divinità minori che costituivano il suo seguito) che battevano sui propri scudi all’estero per celare il suo pianto, dando in pasto al marito una pietra avvolta nelle fasce. Ogni figlio compie la sua strada, sembra dirci il mito, ingannando la protervia e l’inamovibilità del padre.




Tra l’altro, Crono non ci era andato leggero con suo padre Urano, avendolo addirittura evirato, azione dalla quale prese vita Venere, la bellezza vitale di ogni scelta.

Oggi, l’altipiano invaso in estate dai pullman turistici, conserva la sua natura rurale, e a guardare nei meandri dei suoi insediamenti, anch’essi d’antica origine minoica come ognuna delle cose umane in quest’isola, non sembra poter evincere che l’afflusso di stranieri sia valso qualche vantaggio per i locali. Una parte consistente delle attività e delle dimore si conserva in uno stato di “archeologico” abbandono, a testimoniare la discesa dei suoi abitanti verso gli agglomerati costieri, dove i vacanzieri riversano il loro denaro.

Una volta questa landa sospesa tra le cime era tempestata di piccoli mulini a vento che servivano le attività agresti, ne resta viva qualche immagine fotografica e le numerose vestigia in ferro con le braccia ormai spoglie delle vele, che a volte permangono come stracci al vento.




Ancora un’immagine di una Creta che assorbe i suoi nuovi “invasori” lasciandosi un poco lacerare e preservando la sua indole mediterranea, senza enfasi, o false illusioni. D’altre parte qui la civiltà è così arcaicamente radicata da non sobbalzare di fronte alle performance degli illusionisti, alla fine di ottobre la stagione vacanziera termina e le famiglie, divise dagli impegni dell’accoglienza, si riuniscono attorno alle loro vecchie e basilari occupazioni, e si ritrovano insieme sui campi a raccogliere le olive, le noci, le mele, i carrubi.

Forse questa è la matrice di ogni isola che abbia profonde radici: ciò che viene dal mare passa come passano gli occupanti e le mode ed è inutile è stancante lottare contro i mulini a vento, meglio sentirsi quelli di sempre, quelli veri, quelli che ci fanno credere di credere d’essere i figli di Minosse.





27 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page